Legambiente: coi cambiamenti climatici inutile insistere sugli impianti sciistici

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Il turismo della neve nelle montagne senza neve: impianti sciistici sempre più in difficoltà tra chiusure e aperture a singhiozzo. Ma non accennano a diminuire i finanziamenti d’oro per l’innevamento artificiale.

Meno neve e più caldo, questo è il trend. E le benefiche nevicate di marzo non saranno sufficienti a invertire la tendenza: con la crisi climatica e l’aumento delle temperature la montagna sta cambiando volto. Gli impianti sciistici sono sempre più in difficoltà tra chiusure e aperture a singhiozzo. Il futuro è sempre più incerto anche per le Olimpiadi Milano Cortina 2026 tra ritardi, spese faraoniche e l’incognita neve 2026.

I dati
I dati del nostro report Nevediversa 2024, tutti in aumento, parlano chiaro: 177 gli impianti temporaneamente chiusi nella Penisola (+39 unità rispetto al report precedente), di cui 92 sull’arco alpino e 85 sull’Appennino. Salgono a 93 gli impianti aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente), il grosso, ben 55, si concentra sugli Appennini. Altro dato in crescita è quello delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica; e quello degli impianti sottoposti al cosiddetto “accanimento terapeutico”, 241 quelli censiti da Legambiente (+33 unità) che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico. Il grosso, ben 123, sugli Appennini.

Dati allarmanti a cui va aggiunta la crescita dei bacini idrici per l’innevamento artificiale: 158 quelli censiti (+16 rispetto al report 2023) di cui la gran parte in questo caso, ben 141, sulle Alpi, e il restante, 17, sulla dorsale appenninica. Sul fronte finanziamenti, per aiutare il settore sono ben 148 i milioni di euro destinati lo scorso anno dal Ministero del Turismo per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale a fronte dei soli quattro milioni destinati alla promozione dell’ecoturismo. E se si guarda alle singole regioni si scopre che finanziamenti per la neve artificiale non accennano a diminuire.

Alcuni esempi: in Piemonte, stando ai dati Arpa Piemonte, il trimestre appena terminato è stato l’inverno più caldo degli ultimi settanta anni con una media regionale di 4.5°C, quasi 3°C in più rispetto alla norma del trentennio di riferimento 1991-2020. Nonostante ciò, in Piemonte, dove i fondi erogati sono tra i più trasparenti e tracciabili, ammontano a 32.339.873 di euro i contributi previsti per il biennio 2023-2025 (contro i 29.044.956 di euro del biennio 2022-2024).

In Emilia-Romagna, ad esempio, la stagione 2023/24 è iniziata con 4milioni e 67mila euro stanziati dalla Regione per indennizzare le imprese del turismo invernale danneggiate dalla scarsità di neve. Ricordiamo inoltre anche il finanziamento a fondo perduto di 20 milioni di euro per il nuovo impianto di risalita verso il lago Scaffaiolo, un’infrastruttura osteggiata da associazioni e comitati locali. Per quanto riguarda la Toscana, è stato depositato lo Studio di fattibilità dell’impianto funiviario Doganaccia-Corno alle Scale con un costo del progetto ad oggi di circa 15.700.000 euro, di cui 5,7 milioni a carico dello Stato e 10 milioni a carico della Regione Toscana.

Un quadro preoccupante e su cui chiediamo un cambio di rotta a livello politico e territoriale, superando la pratica insostenibile dell’innevamento artificiale, lavorando ad una riconversione degli impianti e puntando ad un turismo invernale più sostenibile e dolce che rappresenta il futuro della montagna. L’innevamento artificiale comporta ingenti consumi d’acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l’innevamento e quindi un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico.

Da parte nostra non c’è alcuna contestazione nei confronti degli operatori del settore, ma più un’obiezione contro la resistenza al cambiamento. Il dialogo e il confronto con gli operatori del settore è fondamentale per contribuire a costruire il nuovo orizzonte di cui la montagna ha bisogno. Per questo nell’edizione 2024 del report Nevediversa abbiamo raccolto anche le testimonianze dei rappresentati del mondo del sindacato, dell’economia e del settore impianti. Abbiamo raccolto anche un consistente numero di buone pratiche diffuse su tutto il paese che si caratterizzano per la capacità di innovare l’offerta turistica in armonia con la valorizzazione dell’ambiente naturale, delle professionalità a largo raggio, del patrimonio storico e architettonico nella sua unicità. Buoni esempi che possono dare corpo alle speranze delle comunità montane che giustamente rivendicano il diritto al benessere e a posti di lavoro stabili e dignitosi.

Olimpiadi Milano-Cortina 2026, focus opere più costose
Strada sempre più in salita per le Olimpiadi 2026 a due anni dallo start: la sostenibilità è un miraggio, la crisi climatica incombe con i suoi impatti, e poi ci sono i ritardi nei progetti e nell’avvio dei lavori, rialzi ed extra costi, gare deserte e offerte di impianti oltreconfine, ripiegamenti logistici su strutture più “light”, cantieri non ancora aperti e che con molta probabilità verranno completati a olimpiadi concluse con eredità pesanti per i territori e le loro comunità, oltreché per le casse pubbliche. Sono oltre 20 le opere più costose segnaliamo e che risultano finanziate con importo superiore ai 30 milioni di euro. Opere che si dovrebbero realizzare in Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige

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